C’è un gesto semplice, che ha il potere di rallentare l’inquinamento, ridurre i rifiuti, contrastare l’obsolescenza programmata, riattivare saperi manuali e far nascere relazioni tra le persone: si chiama riparare. In un’epoca in cui tutto è progettato per rompersi, scegliere di sistemare qualcosa invece che buttarla è un’azione più radicale di quanto sembri.
Proprio da questo principio ha preso forma, ormai da più di dieci anni, il movimento globale dei Repair Café, luoghi dove le cose si aggiustano, ma anche dove si impara a farlo insieme.
Riparare è diventato difficile
Secondo un’indagine dell’Eurobarometro del 2020, il 77% dei cittadini europei preferirebbe riparare un oggetto piuttosto che sostituirlo. Tuttavia, nella pratica, questa intenzione si scontra con ostacoli concreti: riparare è spesso reso difficile, costoso o logisticamente complicato. Il risultato è che, nonostante la volontà diffusa, molti consumatori finiscono comunque per acquistare un nuovo prodotto, contribuendo involontariamente a un modello di consumo insostenibile.
Per questo, nel 2024 il Parlamento Europeo ha approvato una nuova direttiva sul “diritto alla riparazione” (Direttiva UE 2024/1799), finalizzata a rendere la riparazione una strada concreta, accessibile e conveniente. Il testo rafforza la tutela dei consumatori e impone nuovi obblighi ai produttori, che devono garantire accesso a pezzi di ricambio, strumenti e manuali per la riparazione anche fuori garanzia, estendere di 12 mesi la garanzia legale in caso di riparazione eseguita, e fornire informazioni chiare e confrontabili sulla riparabilità dei prodotti. Infine, sono vietati blocchi tecnici (software, oggetti non smontabili o clausole contrattuali) che ostacolino la diagnosi e l’intervento tecnico.
Tuttavia, al momento gli effetti della direttiva sono ancora limitati: si applicano solo ad alcune categorie (come lavatrici, lavastoviglie, display, telefoni cellulari e aspirapolveri) e richiederanno presumibilmente anni prima di produrre cambiamenti concreti sul mercato. In attesa che questi principi diventino prassi, sono i cittadini ad aver preso in mano cacciaviti e saldatori, costituendo i Repair Café!
Cos’è un Repair Café?
Un Repair Café è un luogo in cui oggetti guasti, piccoli elettrodomestici, biciclette, abiti, strumenti elettronici, vengono riparati con l’aiuto di volontari esperti, che condividono strumenti e competenze per dare una seconda vita alle cose. Non è un centro assistenza, né un servizio passivo, ma uno spazio di apprendimento e scambio, dove il proprietario dell’oggetto viene coinvolto attivamente nel processo: si sporca le mani, fa domande, impara. Il primo Repair Café è nato ad Amsterdam nel 2009, su iniziativa della giornalista Martine Postma. Da allora, grazie anche alla spinta della Repair Café Foundation, se ne sono diffusi oltre 3.500 in tutto il mondo (è possibile consultare la mappa aggiornata).
Dove si trovano in Italia?
Anche in Italia i Repair Café sono nati come esperienze dal basso, organizzate da gruppi informali, associazioni o reti locali e ospitate in biblioteche, parrocchie, circoli o centri sociali. Nel 2025, i più attivi e strutturati si trovano a Roma (Aggiustotutto, Città dell’Utopia), Milano (Lab Barona), e Bologna (R.U.S.KO). Oltre a questi, esistono molte altre esperienze locali in via di nascita o attive in modo intermittente, il modo migliore per scoprirli è cercarli nei gruppi Facebook locali.
Bologna: il progetto R.U.S.KO
A Bologna, il Repair Café si chiama R.U.S.KO: acronimo di Riparo, Uso, Scambio, Comunitario, e parola che nel dialetto locale significa “spazzatura”. Una provocazione, certo, ma anche un’idea di valore. Attivo dal 2020, R.U.S.KO organizza eventi itineranti nei quartieri della città, coinvolgendo scuole, realtà sociali, centri anziani e gruppi di volontari. Ogni appuntamento è gratuito, aperto e partecipato: si portano gli oggetti, si lavora insieme per capire se e come ripararli, si condividono saperi e tempo.
Reggio Emilia: il primo Repair Café in città
Anche Reggio Emilia ha attivato il suo primo Repair Café, ospitato negli spazi di Ca’ Reggio, in Piazza Domenica Secchi. Il progetto nasce nell’ambito di “Stazioni di Servizio con la Comunità”, promosso dal Comune e dalle associazioni di volontariato attive nel quartiere stazione. Oltre alle riparazioni sartoriali, di biciclette, oggetti in legno e dispositivi digitali, il progetto punta a coinvolgere pensionati, disoccupati e studenti in un percorso formativo e intergenerazionale, organizzando un presidio settimanale e diversi eventi di quartiere.
Come aprire un Repair Café: mini-vademecum
Nei Comuni serviti da SABAR non esistono ancora esperienze stabili di Repair Café, ma ci sono tutte le condizioni perché possano nascere! Se stai pensando di avviare un’iniziativa di riparazione partecipata nella tua comunità, ecco alcune indicazioni pratiche per partire con il piede giusto.
- Definisci l’idea: indoor o outdoor? Evento singolo o periodico? Vuoi concentrarti su elettronica, sartoria, biciclette, tutto?
- Trova uno spazio adatto: deve essere accessibile, con prese di corrente, tavoli da lavoro e buona illuminazione. Biblioteche, sale civiche, parrocchie o centri sociali sono perfetti.
- Forma un gruppo: servono volontari “fixer” (elettronici, sarti, falegnami, riparatori) e volontari organizzativi (accoglienza, promozione, logistica). Cercali tra artigiani, pensionati, hobbisti, studenti, circoli, reti associative.
- Dotati dell’essenziale: cacciaviti, pinze, colla, saldatori, aghi, fili, macchina da cucire. Puoi chiedere donazioni a ferramenta e privati.
- Promuovi efficacemente l’evento inaugurale: social media, volantini, passaparola, reti civiche. Spiega che è un evento partecipato, non un servizio professionale!
- Valuta l’assicurazione: per la sicurezza dei partecipanti può essere utile una copertura base o una liberatoria.
- Unisciti alla rete: repaircafe.org e therestartproject.org offrono risorse, mappature e supporto. Per le riparazioni più complicate, il sito iFixit.com mette a disposizione centinaia di video tutorial e guide gratuite e dettagliate per riparare praticamente qualsiasi cosa.
Scegliere di riparare significa prolungare la vita degli oggetti, ridurre la pressione sulle risorse naturali, uscire dalla logica dell’usa-e-getta, ma significa anche riconoscere il valore del sapere artigiano, della condivisione, della responsabilità collettiva.
Per SABAR, che ogni giorno si impegna a migliorare la gestione dei rifiuti e a promuovere un modello di economia sempre più circolare, innovativo e sostenibile, raccontare esperienze come quelle dei Repair Café significa valorizzare una cultura concreta della riparazione e del riuso. Iniziative come queste rafforzano il legame tra cittadini e territorio, ispirano buone pratiche e mostrano come ciascuno possa contribuire a ridurre gli sprechi, prendendosi cura degli oggetti e delle relazioni che si creano attorno al tavolo da lavoro!